Che La vita è meravigliosa (It’s a Wonderful Life, 1946) resista all’usura del tempo, è un segno. Purtroppo, moltissime storie sono, a conti fatti, dimenticabili; perciò, quando ci si imbatte in un’opera la cui traiettoria continua ad attraversare imperterrita decadi e generazioni, si è di fronte ad un evento raro, dato che solo una sparuta minoranza riesce a meritarsi ri-visioni o riletture a distanza di anni e anni. Poche storie riescono ad essere vere storie.
Qual è il segreto de La vita è meravigliosa? Come ha fatto, s’è domandato più d’uno, a diventare un inossidabile rito natalizio?
«Essere o non essere» disse qualche secolo fa un tale Amleto, arrivando a toccare, col suo monologo, il vertice supremo dell’arte narrativa, quale ne sia la forma (romanzo, teatro, cinema). Ogni storia, infatti, sottende una domanda: «Qual è la vita degna di essere vissuta?». O: «Qual è l’uomo degno di questo nome? Qual è l’essere umano autentico?». Ogni racconto, volente o nolente, risulta essere un paradigma del cammino della vita. A tal punto che c’è stato chi, come Shakespeare, ha osato domandarsi se il cammino in questione meriti davvero di essere fatto; o se non sia più saggio, e in definitiva più umano, rinunciarvi, risparmiandosene le drammatiche implicazioni.
Forse né Frank Capra (regista), né gli sceneggiatori, né il protagonista James Stewart, né il resto della troupe contemplavano Shakespeare tra i loro modelli, ma col loro piccolo grande film, di proposito o per caso, hanno raggiunto le stesse altitudini del Bardo. La vita è meravigliosa ha fatto uscire allo scoperto la ragione ultima dell’arte narrativa e della fruizione che tutti ne facciamo. E lo ha fatto tramite l’aspirante suicida George Bailey – strana circostanza, per un film natalizio – che, all’ennesima sfortuna, una vera beffa per un uomo che osa sogni e sacrifici che non tutti oserebbero, risponde all’amletico dilemma con un dolentissimo: «Non essere. Meglio non essere».
L’uomo, vale a dire l’oggetto d’indagine della narrativa di sempre – «Cos’è l’uomo?» -, è una creatura la cui caratteristica è il trovarsi gettata nell’essere. La sua partita senza fine si gioca tutta tra il mettere piede nel mondo da protagonista, l’attraversare la realtà col proprio volto, o il ritirarsene e diventare Nessuno. Il primo, il protagonista, è colui che cerca sé stesso nel campo della vita reale, la quale continuamente risveglia aspirazioni e desideri, coinvolgendo così ogni persona nel proprio gioco. Il secondo è colui che invece cerca – e, di fatto, perde – sé stesso declinando l’offerta, rifiutando la sfida.
La vita è meravigliosa mette in scena niente meno che questa suprema, inaggirabile, alternativa. E che, per Frank Capra e la sua squadra, il rifiuto, e dunque la fuoriuscita dalla vita, equivalga all’annullamento di sé, e che dunque solo scegliendo di rimanervi e di addentrarvisi sia possibile ritrovarsi, è presto detto: proprio in punto di morte, infatti, George Bailey passa da un’angustiata adesione al non-essere ad un esplosivo «Essere! Essere!!» urlato ad ogni passante, ad ogni minimo segmento di realtà che lo circonda.
Il suo celebre viaggio soprannaturale – un vecchio articolo del National Review vi riconobbe un’eco dantesca – nel mondo così come sarebbe se lui non fosse mai nato, è una strabiliante rivoluzione, quale non si trova neanche nei più arditi sogni dei grandi visionari della Storia.
Le fa da perno la fondamentale scoperta di cosa i concittadini di George, per tacere di amici e famiglia, si sarebbero persi a non avere la fortuna di incontrarlo mai: non solo George scopre che la sua vita è pur servita a qualcosa, ma che la sua stessa presenza nel mondo è insostituibile, sempre. A occhio, in tutta la storia della narrativa, mai l’uomo – la singola identità di ognuno – è stato oggetto di così alta considerazione. La vita è meravigliosa dice a ciascuno di noi: «Quello che tu puoi fare ed essere, non può farlo ed esserlo nessun altro. Da te il mondo attende una salvezza che nessun altro può dargli». Mai l’essere protagonisti, l’esserci col proprio volto, appare più desiderabile come quando si viene a conoscenza di George Bailey.
Non solo però la singola persona, ma anche la realtà quotidiana riceve rara, rarissima, esaltazione: le vite attorno a sé, George, le ha trasformate quasi per distrazione, senza accorgersene, in virtù dei silenziosi effetti della sua presenza, oltre che in virtù di certe grandi iniziative, dei cui benefici non si rende comunque conto, non fino in fondo. Alla domanda «Qual è la vita degna di essere vissuta?», La vita è meravigliosa offre un’altra inusitata risposta: «La tua. La vita in cui ti trovi adesso. Può diventare un capolavoro, se tu ci sei».
«Bentornato, io; bentornato alla realtà» è il messaggio finale del film. A ciascuno di noi non resta che valutare di persona se l’audace asserzione di Frank Capra e del suo team, sostenuta con convinzione tanto spavalda, rappresenti una possibilità reale oppure no.
Articolo a cura di Marco Maderna
Non potevano esserci migliori auguri di buon Natale
Questo film credo sia perfetto per dare maggiore valore e risalto a tutte quelle persone che per attitudine personale o scelta lavorativa, offrono la loro vita a servizio del prossimo, dando testimonianza, proprio per questo, di una vita degna di essere vissuta.